Young Thugs – Nostalgia

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Young Thugs - NostalgiaLa vicenda si svolge verso la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 ed è ambientata nella zona di Kishiwada, Osaka. Riichi è un ragazzino come tanti altri che risiedono nella zona, figlio di operai e con una situazione familiare delicata. Egli è legato in maniera particolare a due suoi coetanei, Yuji e Tetsuo, assieme ai quali vivrà il delicato passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Una delle poche persone che si interessa alla sua situazione è la maestra Ito, di cui Riichi è innamorato, che si trova a dover penetrare nella sfera familiare del ragazzo per cercare di aiutarlo, senza però ottenere particolari risultati…

Terzo episodio della serie Kishiwada Shônen Gurentai, Bôkyô/Nostalgia è in realtà una sorta di prequel del secondo episodio Chikemuri junjo hen/Innocent Blood, dal momento che i personaggi principali della vicenda sono i medesimi, ma in questo caso il tutto si svolge qualche anno prima ovvero tra il 1969 e il 1970. Se il film precedente, uscito nel 1997, era incentrato sul passaggio tra adolescenza e età adulta, qui il passaggio su cui il regista focalizza l’attenzione è tra infanzia e adolescenza.

E anche in questo film il protagonista è il giovane Riichi, che vive coi genitori ed il nonno paterno nella zona di Kishiwada, quartiere della working class di Osaka, molto simile al luogo dove Miike è cresciuto. Pur non essendo propriamente un film autobiografico (ricordo che il film – come i due precedenti – è sempre tratto da un racconto di Riichi Nakaba, qui presente in un cameo nella parte di un saggio pescatore), le situazioni in cui Riichi si trova durante la sua formazione sono presumibilmente molto simili alle situazioni in cui si deve essere trovato il giovane Miike: a partire dalla situazione familiare e in particolare dalla figura del padre Toshio (un sorprendente Naoto Takenaka), così attratto dal gioco d’azzardo, dall’alcool e dalle donne. Probabilmente nel film questa figura è stata estremizzata, ma non dovrebbe essere molto lontana dall’immagine del padre del regista. Il rapporto che Riichi ha con Toshio è di attrazione e repulsione allo stesso tempo ed è indubbiamente forte; se da un lato il ragazzo è attratto dal padre e tenta di emularlo nella sua sbruffonaggine e nel suo apparire forte, dall’altro è anche spaventato dalla paura che ha di prendere delle botte e anche dal rapporto burrascoso che Toshio ha con la moglie/madre di Riichi. Per tutto il film infatti, i due genitori del ragazzo non fanno altro che alternare la loro presenza in casa, e le volte che sono presenti entrambi inevitabilmente la situazione degenera a causa del comportamento irresponsabile ed immaturo di Toshio. Del resto, quest’ultimo non nasconde la sua passione per i vizi, arrivando persino a portare in casa l’amante del momento (Akemi, una ballerina di strip tease) per farla conoscere alla moglie, la quale non ci pensa due volte e dopo uno sfogo davanti al figlio si allontana da casa, lasciando Riichi, Toshio e il padre di quest’ultimo da soli e senza nessuna fonte di guadagno, visto che lei era l’unica ad avere un lavoro in fabbrica. Toshio è a sua volta comandato a bacchetta dal padre/nonno di Riichi, che in un momento vicino al grottesco – comunque sempre in linea con i tipici eccessi miikiani – lo sodomizza con un manico di scopa (la sodomizzazione come simbolo di umiliazione è ricorrente nei film di Miike). Un primo motivo di interesse per questo film deriva quindi dai rapporti che intercorrono tra i vari componenti della famiglia, davvero significativi e ben delineati: focalizzando l’attenzione sui due rapporti Riichi-Toshio e Toshio-nonno non si fatica ad immaginare come in gioventù Toshio fosse non troppo dissimile dal figlio, e i rapporti che i due figli hanno con i due padri sono molto simili tra loro. Toshio, pur essendo un vizioso briccone, è comunque legato a Riichi in maniera molto forte, come si può vedere fin dai primi istanti del film. In un delizioso flashback in b/n è infatti rappresentata la nascita di Riichi e la conseguente gioia del padre che è già letteralmente invasato dal demone del gioco d’azzardo, visto che il nome che da al figlio deriva da una tessera del Mah-jong (o almeno così sembra). E il legame tra i due è sempre ben visibile durante il film, gli scontri fisici tra di loro sono alla fin fine delle particolari manifestazioni di affetto (anche Riichi non esita a picchiare il padre) che hanno senso di esistere in un mondo dove l’uomo per essere un “vero uomo” deve saper picchiare forte e vincere, vero e proprio requisito di mascolinità. Ripeto, pur non essendo un film prettamente autobiografico, non è difficile pensare come Miike abbia attinto a piene mani dalla sua infanzia per rappresentare il rapporto che Riichi ha col padre Toshio.

Le coordinate spazio-temporali all’interno delle quali si svolge l’intera vicenda, sono indicate in maniera ben precisa, dal momento che per tutta la durata del film compaiono immagini televisive raffiguranti il primo sbarco sulla luna del luglio 1969 e le rivolte studentesche post ’68. Tutto ciò non fa che rafforzare l’atmosfera nostalgica di cui questo film – ancora più del precedente Chikemuri junjo hen/Innocent Blood– è pervaso.

Un altro elemento che Miike rappresenta in maniera egregia in Bôkyô/Nostalgia è quello della scoperta della sessualità e del mistero della nascita. La prima immagine raffigura la nascita di Gesù bambino, e subito dopo – nel flashback di cui sopra – viene rappresentata la nascita di Riichi. Miike vuole quindi insistere su quanto sia importante, nel passaggio che va dall’infanzia all’adolescenza, la scoperta di come nascano in realtà i bambini, e che le cicogne e i cavoli non c’entrano proprio per niente. La componente sessuale quindi entra a far parte del mondo di Riichi, il quale – come del resto i suoi coetanei – è spinto da una profonda curiosità per quella cosa segreta che hanno le donne in mezzo alle gambe. Da tanti piccoli dettagli si possono ricavare delle allusioni al sesso e alla nascita, dai buchi nel terreno che andranno poi coperti alla fine del film (quando il passaggio all’adolescenza è pressochè completo), alle immagini del razzo che vola verso la luna che potrebbe simboleggiare un fallo; per non parlare di scene già più esplicite, come quella – senza dubbio la più strampalata del film – che vede il fratello di uno degli amici di Riichi che si masturba per poi spiccare il volo, e come sottofondo si sente una canzone che parla del papà. Ma la vera e propria scoperta, da parte di Riichi, del sesso e dell’amore, è rappresentata dal suo rapporto con la propria insegnante Ito, che fa scaturire in lui delle sensazioni nuove che si possono avvicinare all’amore. Ed è per questo che Riichi guarda con curiosità lo strano comportamento di una donna, Ito, che piange per il suo uomo, e anche se non capisce esattamente cosa stia succedendo tra i due, sente la necessità di sgridare e persino minacciare l’uomo perché ha fatto piangere l’amata maestrina.

Nel film compaiono anche un paio di brevi ma significativi episodi che ribadiscono quanto Miike sia un regista ad alto tasso di comunicatività: con poche immagini riesce a dire molto. Gli episodi in questione riguardano il personaggio di Ryôko, ovvero la futura ragazza di Riichi, protagonista del precedente Chikemuri junjo hen/Innocent blood. In una notevole scena senza parole, Ryôko (di cui non viene nemmeno detto il nome) è alle prese con il suo primo ciclo mestruale, e questo crea un parallelo con il passaggio dall’infanzia all’adolescenza di Riichi; Ryôko compare poi verso la fine del film, dove è alla finestra che si sta pettinando mentre Riichi è dal barbiere che si sta rasando i capelli, in un gesto che simboleggia il cambiamento, la rottura con il passato e l’inizio di un’altra fase della vita (in parallelo con quanto succedeva nel film precedente, dove era invece Ryôko a tagliarsi i capelli). Subito dopo i due ragazzi si incrociano lungo la strada e Riichi rivolge un timido saluto a Ryôko per proseguire diritto per la sua strada: anche qui il parallelismo col finale di Chikemuri junjo hen/Innocent Blood è evidente.

Se in questo film il tema della nostalgia è quello predominante, a partire dal titolo, anche le altre tematiche tipiche dei film di Miike sono qui ben presenti. La componente violenta è in questo caso tenuta a freno, come accade del resto negli altri film del regista dove compaiono personaggi non adulti, ma la ricerca della felicità – come può essere il tentativo di fuga dall’ambiente circostante – è invece ben presente. In una delle scene più significative del film, Riichi, Yuji e Tetsuo partono da soli per un viaggio diretti verso l’isola di Shikoku per raggiungere il cugino di uno di essi, e dopo pochi giorni si rendono conto che la distanza da percorrere a piedi è davvero inaffrontabile. Nel momento di massimo sconforto, essi incontrano un pescatore seduto sul molo(Riichi Nakaba, il “vero” Riichi) che è alle prese con un dipinto. I ragazzi rimangono però sorpresi quando si accorgono del soggetto del dipinto: non il mare, come sembrava logico supporre, ma una casa tra le montagne. Il pescatore spiega infatti a Riichi come nella sua memoria lui veda una casa tra le montagne, e che non è importante spostarsi fisicamente per trovare la felicità, ma è importante lasciar correre la fantasia e l’immaginazione (caratteristica propria dell’infanzia e dell’adolescenza) e soprattutto sentirsi liberi e senza restrizioni. Dopo questo episodio cardine, i tre ragazzi decidono quindi di rinunciare al viaggio e di tornare a Kishiwada, dove cominciano subito a far correre la fantasia, ispirati anche dalla notizia dell’allunaggio statunitense: rubando materiali vari qua e là, decidono di costruire un razzo (ovviamente finto) e partecipare così ad un concorso scolastico. Nemmeno l’intervento nefasto di Sada, nemesi di Riichi, e la sua mini gang, riesce a contrastare l’opera di Riichi e dei suoi amici, e alla fine – dopo un po’ di inevitabile zuffa – si ritrovano, qualcuno anche controvoglia, a collaborare tutti assieme alla realizzazione dell’opera che vincerà poi il primo premio. Non è difficile scorgere nel razzo e nel viaggio sulla luna, oltre che la metafora fallica di cui sopra, anche e soprattutto l’archetipo del viaggio con la fantasia, il viaggio sulla luna: evidentemente l’episodio deve avere segnato l’infanzia di molti ragazzini dell’epoca, e Miike era tra questi.

Tirando le somme, è facile capire il perché Miike consideri questo film come il suo preferito, dal momento che narra della primavera della sua vita, fatta di spensieratezza e priva di preoccupazioni per il futuro. Un film che è si nostalgico, ma che nonostante le vicende ivi rappresentate, non tutte definibili propriamente come positive, è privo di malinconia ma trasmette una sensazione di felicità. Il mondo dell’infanzia è un mondo senza restrizioni dove si è liberi di spaziare con l’immaginazione.